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Cosa dice davvero la Cassazione? Rimbalza oggi la notizia che la commercializzazione della Cannabis Light sarebbe reato.
Cannabis light news: Con l’informazione provvisoria n. 15 le Sezioni Unite Penali (e non una sentenza, come si legge oggi dai giornali) hanno risolto la questione relativa alla normativa applicabile alla commercializzazione della cannabis sativa L.
Nell’udienza di oggi le Sezioni Unite Penali della Suprema Corte hanno affermato che «la commercializzazione di cannabis sativa L, e in particolare, di foglie, inflorescenze, olio, resina, ottenuti dalla coltivazione della predetta varietà di canapa, non rientra nell’ambito di applicazione della l. n. 242/2016, che qualifica come lecita unicamente l’attività di coltivazione di canapa delle varianti iscritte nel Catalogo comune della specie di piante agricole, ai sensi dell’art. 17 della direttiva 2002/53/CE del Consiglio del 13 giugno 2002 e che elenca tassativamente i derivati dalla predetta coltivazione che possono essere commercializzati; pertanto, integrano il reato di cui all’art. 73, commi 1 e 4, d.P.R. n. 309/1990, le condotte di cessione, di vendita e, in genere, la commercializzazione al pubblico, a qualsiasi titolo, dei prodotti derivati dalla coltivazione della cannabis sativa L., salvo che tali prodotti siano in concreto privi di efficacia drogante».
In buona sostanza, commerciare la cannabis light (Sativa L) non è sempre e comunque e a prescindere considerato reato, ma qualora i prodotti venduti abbiano efficacia drogante, quindi con concentrazione di principio attivo superiore agli attuali limiti di legge.
Sarà dunque da accertare se, gli attuali prodotti in vendita, abbiamo o meno tale efficacia.